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martedì 18 luglio 2017

Tesori delle Orobie ... dal bitto ribelle ai vigneti


(17.07.17) La scorsa settimana la carovana del "Viaggio sulle Orobie" (terminato ieri) ha fatto tappa al Centro del bitto storico ribelle. Uno dei tesori più preziosi delle Orobie. Una mattinata intensa che ha veramente regalato qualcosa  ai presenti. L'ambientazione era ideale per concretizzare lo spirito del "Viaggio": un incontro di persone di diversa estrazione unite dall'amore per la montagna, la cultura, l'arte, il cibo autentico che racconta un territorio, la sua anima, la sua storia. Ma ora bisogna fare qualcosa perché questa Dorsale viva in modo continuativo.


La quinta edizione del "Viaggio sulle Orobie" un trekking ideato da Emanuele Falchetti, capo servizio della rivista Orobie, ha avuto per tema "I tesori della DOL".  Ma cos'è la Dol? La Dorsale orobica lecchese, in realtà la Dorsale occidentale orobica in quanto interessa tre provincie lombarde. Una "spina dorsale" della storia e della realtà lombarde. Ideata, promossa, rilanciata da lecchesi era però ovvio che la chiamassero così.



Sopra: i vigneti dell'azienda Lurani Cernuschi ad Almenno San Salvatore, con lo sfondo delle ultimi propaggini della Dorsale occidentale orobica . Al centro il monastero gotico-rinascimentale di San Nucola, "avvolto" dai vigneti. Qui è terminato il "Viaggio sulle Orobie" ieri 16 luglio 2016. Ad un estremo della dorsale gli alpeggi e il grande formaggio "storico ribelle", all'altro una secolare azienda vitivinicola e gli strepitosi monumenti di Almenno, l'antica Limania che rivaleggiava con Bergamo. In mezzo tanta storia, tanti luoghi pieni di fascino e altri 8 formaggi tra Dop e Presidi Slow Food (ma ce ne sono anche altri) a caratterizzare un territorio con la più alta concentrazione di tipologe casearie al mondo.


Un po' di storia della Dol
La Dol nasce negli anni '90. I padri hanno un nome e un cognome preciso: Angelo Sala (giornalista prematuramente scomparso) e Giacomo Camozzini, dirigente della comunità montana Valsassina, Valvarrore, Esino e Riviera. Sono passati più di vent'anni e va precisato che allora non esistevano le app da scaricare sugli smart-phone (non esistevano neanche gli smart-phone). Così vennero realizzati due prodotti: una mappa e un'agile guida di piccolo formato rilegata con una robusta costa. Questi strumenti per lo standard dell'epoca erano innovativi ed efficaci. La mappa è ricca di informazioni e facilmente consultabile. Per la prima volta alpeggi, caseifici d'alpe, nuclei rurali ed edifici rurali isolati di pregio erano inseriti nella simbologia turistica. L'ARF di Lecco (ora Ersaf) provvide, sulla base di un finanziamento europeo (obiettivo 5b per chi se lo ricorda), a realizzare la segnaletica e la cartellonistica (se ne occupò Sergio Poli). La Dol era intelligentemente articolata in tre tematismi.


1) le vie della storia: da Colico a Premana (il riferimento è alla "Linea Cadorna". A Nord e da Morterone alla Passata (passo sulla Dorsale nei pressi del Resegone) con riferimento alla frequenza in quest'ultima zona di numerosi cippi confinari risalenti al XVIII sec.;

2) le vie del ferro: da Premana al rif. Grassi (bocchetta del Camisolo) con riferimento alla presenza di antiche e numerose miniere di ferro e dell'attività di prima lavorazione nelle fucine (oggi sopravvive la produzione di articoli quali coltelli, forbici, attrezzi da alpinismo e campanacci a Premana);

3) le vie del latte (dai piani di Bobbio a Morterone) con riferimento all'importanza secolare degli alpeggi e dell'attività casearia dei bergamini transumanti


Una Dol casearia

In vista dell'Expo il sodalizio dei formaggi "Principi delle Orobie" predispose un progetto di valorizzazione turistica della dorsale occidentale orobica. Pur nella focalizzazione su alpeggi e caseifici il progetto, articolato su diversi itinerari che presuppongono anche una percorrenza "integrata" (navette), puntava a mettere in risalto tutti gli aspetti di attrattività della Dorsale. I materiali utilizzati per presentare il progetto sono stati poi pubblicati in parte dalla rivista "Quaderni brembani" (M. Corti, Sulle vie dei formaggi “Principi delle Orobie” Appunti per un progetto di valorizzazione multifunzionale del territorio alle falde del “Tre Signori” in chiave Expo 2015, Quaderni brembani, n. 12, a. 2104, pp.149-164, scarica il PDF)


Locandina dell'incontro del 23 novembre 2013 a Gerola

L'insieme degli itinerari e dei punti di interesse mappati su Google Earth mettono in evidenza come la DOOR  (Dorsale occidentale orobica) rappresenti una "porta girevole" che consente di entrare e uscire da/per tre sistemi turistici forti: Bergamo (città d'arte/ mura Unesco/terzo aereoporto d'Italia), Valtellina (Trenino del Bernina Unesco,  vigneti eroici, sistema MTB alta valle connesso reti dalla Germania), Lago di Como (soprattutto centro lago con Bellagio, Tremezzo, Varenna mete internazionalmente note). I sistemi degli alpeggi, formaggi miniere storiche, antiche vie, testimonianze della storia, della fede, dell'arte (via Priula, pittori Baschenis, "Linea Cadorna") rappresentano di per sé un importante risorsa turistica nell'ottica di un turismo innovativo che usa i piedi e la bici non solo come strumenti di attività fisica e di "percorsi nella natura" ma come vettori di un turismo culturale ed enogastronomico "slow", di scoperta, di immersione  nelle realtà oggetto di interesse, fuori dalla superficialità e dalla compulsività dei ritmi del turismo "convenzionale" che preclude conoscenza, esperienza non preconfezionata e relazioni umane.

Anche la Dorsale interpretata dai Principi rappresenta un sistema articolato. A Nord le vie "del ferro e dello storico formaggio grasso", a Sud le "vie della pietra e dello stracchino" (con riferimento alla produzione di "stracchino di Gorgonzola", "robiole", "quartiroli" ma anche alla "civiltà della pietra" che a Morterone, in val Taleggio, in valle Imagna ha prodotto una pregevole e
originale architettura rurale).
Anche nella versione "casearia" della Dorsale in punto di snodo è rappresentato dalla bocchetta di Camisolo. A differenza della Dol, impostata dalla Comunità montana della Valsassina (che per ovvi motivi si arrestava ai limiti amministrativi dell'ente), la Dorsale dei Principi supera la Costa del Pallio e scende in Valle Imagna (a Fuipiano o a Corna).

Il link sotto rimanda alla mappa della Via n. 1 che interessa la Dorsale con un anello ad 8 che, a differenza della Dol (che segue in linea di massima il filo della cresta), si appoggia ai due versanti con puntate a valle per fare tappa presso paesi, caseifici, luoghi di interesse storico e artistico-culturale (vedi l'attraversamento della val Biandino con l'oratorio della Madonna della neve al monte [alpe] Sasso). Un percorso di non pochi giorni (o da effettuare a "puntate") che vuole incitare alla scoperta di tanti aspetti poco Conosciuti della nostra Dorsale.



Cosa ne è stato della Dol?

Come succede a tanti progetti, una volta terminata l'operatività e i finanziamenti anche per la Dol è subentrato l'oblio. La porzione di tracciati dalla bocchetta di Trona verso Sud continua ad essere frequantata. I sentieri del cai sono oggetto di manutenzione e di cura della segnaletica (potrebbe essere più assidua). Il ramo Nord della Dol che dalla val Varrone punta a Colico alle falde del Legnone è stato (specie nei tratti più in quota ed espposti, lasciato all'incuria. Interi tratti sono inagibili o pericolosi (quantomeno all'escursionista senza pratica alpinistica) . La cartellonistica ha subito le ingiurie del tempo e l'esposizione agli agenti atmosferici. Quanto alle "Vie dei Principi"
il progetto venne predisposto per tempo e anche pubblicizzato ma gli enti Valtellinesi che stavano spartendosi le risorse dell'Expo adottarono la tattica dell' "adesso è troppo presto/adesso è troppo tardi". Preferirono sprecare non piccole risorse con iniziative effimere a Milano o comunque di comunicazione fine a sé stessa. Una delle difficoltà di far decollare un progetto del genere consistette anche nella logica provincialistica, che affidava alle singole Camere di Commergio la regia delle iniziative Expo. Quanto alle iniziative di livello regionale i fondi vennero tagliati e non si fece quasi nulla. Così è restato tutto sulla carta.



La "nuova" Dol. Segue rigorosamente la linea di cresta proseguando dal Resegone a Valcava e di qui giù sino alla Roncola in valle Imagna. Non è stato considerato il braccio a Nord (da Premana a Colico). Sono stati toccati i rif. Falc. Grassi, Ratti-Cassin, Resegone.


Nuova vita per la Dol


Benvenuta quindi l'iniziativa di Orobie che ha riportato l'attenzione sulla Dorsale. Nella progettazione del "Viaggi sulle Orobie 2017" Emanuele Archetti è stato affiancato da tre personaggi lecchesi: Ruggero Meles, Carlo Limonta, Luca Redaelli. Meles è autore di diverse biografie di alpinisti lecchesi, coautore del volume Alpinistico pionieristico tra Lecco e la Valsassina (con Piero Buzzoni e Giacomo Camozzini), è anche coautore del Movis, biblioteca multimediale della montagna.  Carlo Limonta, bergamasco di nascita, da fotografo è diventato documentarista concentrando il suo interesse sulla montagna. Luca Redalelli è autore e attore teatrale  che si è cimentato con i classici ma è frtemente impegnato nel "teatro della favola" rivolto ai ragazzi ma non solo. Nella foto sotto Limonta intervista Paolo Ciapparelli (il "guerriero del bitto") nella magica casera dove si stagionano e si conservano le forme di storico ribelle. L'intervista è stata realizzata prima del'arrivo della carovana de "Il viaggio sulle Orobie" e sarà utilizzata per la realizzazione del film sul viaggio. Non solo riprese di paesaggi quindi ma anche approfondimento dei temi che stanno dietro i "tesori della dorsale". 



Mentre le interviste procedono la carovana è arrivata. Qui Davide Riva prova con iòl coro. Riva è un pianista, organista e compostitore, molto attivo nella valorizzazione dei cori scolastici (compone anche per voci bianche). La "carovana" è composta da artisti (teatro,  fotografia, cinema, musica)  e ha portato al Centro del bitto storico ribelle  presenze in assoluta sintonia con il luogo: un posto dove  insieme al formaggio si valorizzano e si scambiano le idee e si difendono valori e amore per la montagna. Dove si percepisce una solennità, un senso di cose vere e profonde che induce a riflettere, che fa uscire dalla casera un po' cambiati (come quando si visita un santuario e ci si lascia coinvolgere dalle energie spirituali del luogo).

Una volta che i partecipanti al "Viaggio" si sono "acclimatati" si è dato inizio a un rito importante: in onore della carovana viene aperta una forma di 10 anni. In realtà la forma aveva qualche giorno di meno (era stata prodotta il 24 luglio 2007 all'alpe Ancogno soliva da Carlo Duca, un artista dello storico formaggio). I partecipanti hanno assistito all'evento osservando un religioso silenzio. Nessuno ha detto: "silenzio", ma tutti hanno capito, sintonizzandosi tra loro, che i gesti che l'officante stava compiendo erano veramente qualcosa di importante. Di fronte a una società, ad una cultura che consuma tutto in fretta svuotandolo di senso è un atto quasi religioso partecipare al rito dell'apertura e dell'assaggio di un formaggio che ha "aspettato" un'eternità (come 100 anni per un vino) a farsi gustare.



Paolo, quasi sorpreso e un filo imbarazzato da tanto silenzio, ha pensato di sdrammatizzare con una battura che, in realtà, stabilendo un paragone ardito ma non fuori luogo ha chiamato in causa vescovi, liturgie e cattedrali (ascoltate l'audio, che è quello originale).  

Tra chi assiste al rito distinguiamo (al centro) Silvia Tropea Montagnosi, esperta sul serio di tutto quanto riguarda la cucina bergamasca, la sua storia, una vera sostenitrice dello storico ribelle, formaggio orobico e non "valtellinese". A sinistra, con la maglia verdina, Ruggero Meles.
Al termine della cerimonia di apertura con la suspance (premiata) della presenza della "goccia" c'è stato l'assaggio. Le particole sono state distribuite ai presenti.


Che lo storico ribelle rappresenti un "tesoro" lo dicono anche i prezzi. Non è stato facile arrivare a questi livelli. Il formaggio non è il vino (ma prima dello scandalo del metanolo il vino era un prodotto vile), il consumatore trova normale che ci siano bottiglie da decine di euro anche al supermercato ma non è ancora disposto a ricompensare le punte di eccellenza (perché non ha gli strumenti per valutare che dietro i pressi super ci sia un prodotto super). Lo storico ribelle è però la punta dell'iceberg di una storia e di una geografia di eccellenza casearia. E può servire a promuovere (per trascinamento di immagine) anche gli altri formaggi orobici. Tutti hanno quindi interesse a far conoscere, attraverso nuove proposte turistiche la loro storia e il loro territorio.


Nel Centro del bitto storico ribelle le perfomance si sono susseguite in rapida successione. Dopo il rito della forma decennale è la volta del concerto per Alphorn di Martin Mayes. Mayes è un cornista particolare: non è svizzero ma scozzese (e risiede a Torino), non ha uno strumento di legno ma di fibra di carbonio. Va riconosciuto che lo strumento di Mayes è molto versatile anche se non tradisce la discondenza sonora dell'originale in legno. Martin, con il suo Alphorn, suona musica jazz. Lo ha fatto anche con concerti a N.Y..
Il rivestimento in legno dello spazio e le  stesse forme vetuste di storico ribelle garantiscono un'ottima acustica. Non solo, ma l'atmosfera risulta particolarmente congegnale ad uno strumento nato sugli alpeggi che produce qui le sue note in presenza delle forme del re dei formaggi d'alpeggio (re non perché fosse migliore di altri ma perché, a prezzo di una lotta strenua ha saputo restare il più possibile sé stesso). Alla fine Martin commenta: "ho suonato in tanti posti ma rare volte mi è capitato di provare un'emozione come qui". Una frase che da sola ricambia tanti sacrifici sostenuti per creare e mantenere questo "santuario" che non è solo del formaggio ma dei valori della montagna
.



È il turno di Luca. La favola teatralizzata che recita è una delle tantissime ispirate al mito dell'Homo selvadego, un mito che qui è di casa. Lo ascoltano con attenzione i ragazzi del coro di Davide Riva (qui, finalmente, di fronte con la maglia azzurra). Le vetuste forme di storico ribelle appese alle travi del soffitto paiono ascoltare anch'esse la fiaba. Non è, del resto, una storia di magia a favola (costruita su materiali folklorici della val Poschiavo) quella recitata da Luca?


Il Selvadego è uno dei simboli dei ribelli del bitto, dell'antica sapienza che non accetta le banalizzazioni, i compromessi che snaturano una bella e antica realtà, come quella del bitto della storia (travisata dalla distorsiva dop). I ribelli anni fa erano gratificati con l'epiteto di "trogloditi" (selvatici quindi!) dai "modernizzatori", da coloro che sostenevano in modo presuntuoso e arrogante che gli alpeggi erano destinati a finire e che per l'intanto si deveva approfittare dei contributi (fin che c'erano)  pompando però le poche vacche da latte alpeggiate con i mangimi e producendo un falso bitto con i fermenti industriali. Va poi ricordato che nella valle del Bitto c'è il museo dell'Homo selvadego che ha valorizzato l'affresco del "Selvatico",  datato1464, opera dei "bergamaschi" (ma provenienti da pochi km in linea d'aria) Simone e Battistino Baschenis. 



Il Selvadego è anche un simbolo della Dorsale, della fondamentale unità di genti e cultura tra i tre versanti che convergono nella mole del Pizzo dei Tre Signori.  Un altro Baschenis (la dinastia dei pittori di Santa Brigida) affrescò qualche anno dopo un'altro Selvadego. Trattandosi di un affresco di una chiesa (quella antica di Santa brigida) venne "cristianizzato" identifico il nostro con Sant'Onofrio. Ma, sotto la tenue "copertura", la natura druidico-sciamanica di questo Selvadego (corruzione della divinità celtica Dagda, il dio della clava magica) è più che palese: lo denuncia il rosario di funghetti allucinogeni (per il "viaggio" sciamanico). Funghetti che peraltro si trovano sui pascoli (Psilocybe) non così rari.
Come se non bastasse il Selvadego ha una cintura di rami di quercia (i druidi erano gli "uomini della quercia") e un bastone (nodoso) a tau che simboleggia gli eremiti. Ma chi erano gli eremiti? Gli uomini della grotta, laddove la grotta è la struttura per il "passaggio" negli altri mondi, quelli dove gli sciamani viaggiavano incontrando gli spiriti che interrogavano per potevano rispondere alle esigenze poste dalla comunità che si rivolgeva loro. 



Nella casera dello storico ribelle molto parla del Selvadego, vero nume protettivo invocato dai ribelli del bitto (che ne hanno tanto bisogno  avendo tutte le lobby e i poteri forti contro di loto). Non molti giorni fa un giovane grafico, gabriele Pino, dopo aver visitato il Museo dell'Homo selvadego e gli alpeggi ha elaborato la sua visione del Selvadego aggiungendo una nuova favola: quando un bambino destinato/a a divenire casaro dello storico ribelle nasce, il Selvadego gli consegna alcuni regali magici e lo inizia con la formula magica "Avrai spalle di roccia e un cuore caldo come il latte". Così nascono le favole, sulla radice di antichi miti. Questo Selvadego ha anche le corna (emblema di forza, fertilità e sovranità, ma anche antenna capace di captare i segnali di una dimensione spirituale superiore). La modernità, che esalta il basso, l'interesse immediato, la conoscenza per far soldi (e non per elevare lo spirito e accumulare sapienza), ha ribaltato il significato delle corna legandolo a storie di mariti traditi e squallori simili. Un meccanismo trasparente di discredito di ciò che era elevato e sacro. Ma non si dia però la colpa al cristianesimo perché Mosé e San Pietro sono stati raffigurati cornuti.

Dopo questa divagazione torniamo alla bella mattinata del 13 luglio. Al santuario dello storico ribelle sono arrivati con la carovana di Orobie anche altri personaggi. Tra questi non possiamo non citare Mario Curnis, il decano degli alpinisti bergamasci (che a 80 anni è ancora impegnato in notevoli scalate e che ha passato una vita tra le Orobie e l'Himalaya).


Poi Carlo Mazzoleni cui si devono i più bei ritratti di casari e alpigiani delle Orobie (basti pensare a quelli di Guglielmo Locatelli scompardo da poco e vero "monumento" delle Orobie casearie). Ora, grazie alla visibilità offerta dal Viaggio (e dai suoi prodotti) si tratta di lavorare per riannodare i fili dispersi. 

Remando sincronizzati (ovviamente nella medesima direzione). Servono una (o più) associazioni con la mission di far vivere la Dorsale raccordando tutti gli attori, promuovendo continue iniziative. Gli spunti non mancano, le intelligenze e le passioni nemmeno. E allora? Cosa aspettiamo? 


martedì 11 luglio 2017

E' ufficiale: lo "storico " formaggio si sposta a Morbegno

Con un comunicato ufficiale della società valli del Bitto benefit, a firma del presidente Paolo Ciapparelli, è stato annunciato un importante avvenimento che avrà luogo entro il 2017: l'apertura della nuova sede dello "storico ribelle" presso lo storico Palazzo Folcher di Morbegno.  


Coerente con la sua storia lo "storico ribelle" ha sempre fatto affidamento sulla generosità e sulla lungimiranza dei privati cittadini . L'apertura di una sede a Morbegno rappresenta la realizzazione di un sogno: il formaggio storico trova "casa" in una sede prestigiosa, con secoli di storia alle spalle, in un contesto che rappresenta un riferimento noto e importante nella città. Grazie alla generosità e lungimiranza della famiglia Colombini, gli  attuali proprietari, che si sono  assunti l'onere di un impegnativo restauro conservativo e che concederanno in uso alcuni spazi  alla società valli del Bitto benefit  per un ambizioso progetto di valorizzazione dell'immobile ma anche della porzione urbana in cui inserito, della città e del mandamento. 

I locali dell'attuale "casera" di Gerola  verranno comunque utilizzati sino alla scadere del contratto, nel 2033. I canoni d'affitto, sono stati infatti corrisposti anticipatamente al comune di Gerola. Gli orari e i giorni di apertura saranno però, una volta aperta la sede a Morbegno, riconsiderati alla luce delle esigenze della società .


Il Giorno del 4 luglio 2017

A Morbegno perché il territorio di riferimento va oltre le valli del Bitto


La scelta dello spostamento a Morbegno del cuore dell'attività dello "storico ribelle" è legata alla volontà di allargare il territorio di riferimento di questa storia affascinante di formaggi e di alpeggi oltre la "ridotta" delle valli del Bitto e Morbegno, storicamente legata alla commercializzazione del formaggio bitto, una sede naturale. 


La Provincia del 3 luglio 2015


Dove si va? Una collocazione che non potrebbe essere più bella: il Palazzo Folcher 

Il palazzo, ristrutturato nel XVIII secolo (come denuncia la facciata), presenta una struttura originaria medioevale costituita da ambienti sotterranei voltati adibiti a cantine  e magazzini e da stanze, collocate al piano terreno e a quello soprastante, utilizzate come botteghe e abitazioni. Originariamente l'area dove sorsero le strutture originali era rappresentata da una porzione urbana caratterizzata dalla presenza di case-botteghe. Lo spazio sul quale si affaccia l'attuale palazzo era chiamato "Piazza grande" poi, dal Seicento, "Trivio del mercato". Il tutto a sottolineare la funzione commerciale legata alla posizione tra il nucleo urbano centrale e le vie di comunicazione (il vicino ponte sul torrente Bitto).   

Il palazzo attuale prese forma anche annettendo strutture  vicine. Esso assunse nel complesso un aspetto signorile in coerenza con le trasformazioni del periodo che vide la crescita d'importanza della zona per la presenza di altri palazzi nobiliari, edificati da eminenti famiglie (palazzo di vicolo Scenaia, palazzo Melzi). Non cessò, però, di svolgere funzioni anche di tipo commerciale e di rappresentare un elemento riconoscibile per la città, specie nell'Ottocento con l'importanza del caffè che si mantenne nel Novecento con il  "caffè-pasticcieria Folcher" che durante la belle époque, e per gran parte del secolo successivo, fu l’elegante ritrovo della borghesia locale. Esso era anche un luogo accogliente per gli intellettuali e una specie di caffé letterario con tanto di biblioteca a disposizione degli avventori. 

Ci piace vedere nel racconto del Folcher fatto di storia, signorilità, operosità commerciale e artigiana, cenacolo intellettuale unelemento di grande auspicio, un solco già tracciato che per lo "storico" rappresenta una sfida impegnatica ma anche una fantastica opportunità di cogliere una grande eredità. 

Il nome attuale del palazzo risale agli inizi del Novecento. Nella  seconda  metà  del  XIX secolo si susseguirono vari proprietari: l'edificio passò dapprima dalla famiglia Calderari agli Oreglia d'Isola, poi fu venduto nel 1899 a Giacomo Folcher. La famiglia Folcher proveniva dai Grigioni ed era (ed è rimasta) ben radicata a Morbegno, da essa uscirono, canonici, cancellieri, ufficieli dell'esercito. Essa operò il restauro dell'edificio  al piano terra del palazzo settecentesco.

Grazie ai valori storici (come si deduce dalle brevi note sopra riportate) , a quelli di integrità archettonica esterna ed interna, alla preziosità degli apparati decorativi, alla complessa e pregiata architettura,  la Direzione per i beni culturali e artistici della Lombardia  ha decretato (7.11.2014)  che il bene "Casa Folcher e giardino" è da considerare "di interesse storico-artistico e storico-relazionale particolarmente importante" ai sensi del Codice dei Beni Culturali  e del Paesaggio. Ciò significa che il bene è sottoposto a tutte le disposizioni di tutela (vincoli) contenuti nel Codice stesso. 

La ricca facciata, a  buona  integrità  dell'assetto  interno  e  del  suo  apparato decorativo permettono di segnalare  l'edificio quale notevole esempio dell'arte e della storia della città di Morbegno .

Vediamo allora come si presenta la struttura dell'edificio (che era al tempo stesso destinato ad abitazione e ad attività comemrciali) . Esso si sviluppa su tre livelli. Un ampio androne immette su una corte porticata  sulla quale si affacciano vari ambienti.  Due ampi locali dei vari appartamenti di cui si componeva l'edificio  sono di particolare pregio: uno presenta un soffitto con decorazioni a stucco con motivo araldico  centrale,  databile  agli  anni  '70-'80  del  XVIII  secolo. Un  secondo  ambiente,  collegato  al  precedente,  permette  l'uscita  su  una  terrazza affacciata sul giardino. Anch'esso  presenta  pareti e soffitto interamente  dipinti. 


Come verranno utilizzati gli spazi

Lo "storico ribelle" utilizzerà un'ampia sala a piano terra con accesso diretto dal cortile principale, sala che presenta dei dipinti di natura floreale che ben si intonano con l'ampio giardino verso il Bitto a cui si accede direttamente con apposita scala. In questo spazio verrà allestito il punto di degustazione e vendita dei prodotti tipici. L'apertura di questo spazio consentirà di valorizzare al meglio non solo lo "storico" ma anche tutti i prodotti dei casari-alpigiani dello storico formaggio d'alpeggio e quelli dei produttori che, in Valtellina e nelle Orobie, si stanno mettendo in rete con i "ribelli del bitto". Saranno valorizzati i prodotti (bnon solo caseari) di contadini (singoli o associati) che credono nei valori di una nuova agricoltura etica e resistente, aperta all'innovazione e alla cooperazione ma anche salda nella tradizione, capace di porsi come espressione della cultura e dell'economia del territorio e di  interagire in modo virtuoso con altri operatori del commercio e del turismo.

La corte interna in fase di ristrutturazione


Non a caso nel progetto di valorizzazione degli spazi concessi nell'ambito del Palazzo Folcher si parla esplicitamente di presidi Slow Food (non solo "storico ribelle" ma anche i prodotti della capra orobica e il costituendo presidio del formaggio invernale prodotto in azienda, con latte crudo , senza fermenti e dal latte di sole razze alpine. Non si venderanno solo formaggi ma, operando in modo molto selettivo la scelta dei produttori, anche altri prodotti a partire da quelli degli amici del grano saraceno di Teglio e di alcune cantine valtellinesi particolarmente "eroiche". A fianco del punto vendita sarà attiva, su prenotazione, la possibilità - per gruppi di 20-30 persone - di assistere a filmati e degustazioni guidate in un contesto solenne e di straordinaria valenza architettonica. Come nell'antico caffé vi saranno libri e altri materiali da consultare. Si punterà sull'arrivo di gruppi interessati e moticati,  come del resto avviene già a Gerola (con la differenza che sarà possibile accogliere un flusso maggiore di visitatori in considerazione della migliore accessibilità). 

Oltre agli spazi descritti, lo "storico ribelle" utilizzerà, dando loro nuova vita, due ulteriori piani delle sottostanti cantine  di costruzione tardo medioevale. Gli spazi si sviluppano su una superficie di 200 mq di ambienti voltati in pietra naturale. Le cantine saranno accessibili dal giardino e dalla scala principale e serviranno per lo stoccaggio e la stagionatura dello "storico ribelle" con la possibilità di accesso al pubblico per visite guidate in quello che sarà un vero e proprio museo, al tempo stesso vivo, ma anche ricco di documenti storici e suggestioni. Le strutture saranno mantenute integralmente nella loro conformazione e con i materiali originari che testimoniano secoli di storia.

Le cantine del Folcher, risalenti almeno al XV secolo, si sviluppano su più livelli, creando la possibilità di una suggestiva ambientazione, un circuito di visita del "museo del formaggio e della storia" senza alterare minimamente le strutture nè la primitiva funzione commerciale. Un nuovo impulso per lo "storico ribelle" ma anche per la città di Morbegno


L'aspetto emozionante, che non mancherà di far presa sui visitatori, è che le cantine sono coeve del periodo in cui il formaggio della valle del Bitto assumeva le caratteristiche conservate sino ad oggi dallo "storico ribelle". Non sappiamo per certo se in queste cantine (che probabilmente in alcuni periodi della loro storia erano anche aperte al pubblico) si stagionava il formaggio, ma è molto probabile. Quello che sappiamo è che le ricche famiglie valligiane (proprietarie di alpeggi e miniere) spostarono nel tempo la loro attività a Morbegno nel contesto di una intensa circolazione di persone, famiglie, imprese, capitali che interessava il Lario, la Valsassina. la Valbrembanae. Sappiamo anche che il commercio del Bitto (anche se in volumi inferiori a quelli esitati sulla piazza dei Branzi in Valbrembana) coinvolgeva Morbegno anche ben prima del boom degli inizi del Novecento con l'apertura della casera sociale e l'avvio della mostra dei formaggi valtellinesi. Non è escluso che nuove indagini storiche gettino nuova luce su questi aspetti di storia morbegnese.
In ogni caso a Gerola i muri della "casera" erano stati costruiti di fresco e sono stati valorizzati dalle teste e dal cuore di coloro che li hanno arredati e abitati, dalle storie con l'anima che essi hanno saputo raccontare e ricostruire. Al Folcher sarà diverso: le teste saranno le stesse ma saranno gli stessi muri storici ad incrementare il valore del progetto, a "parlare".


Un punto di riferimento culturale oltre che eccellenza gastronomica

Coerentemente con la propria mission la società valli del Bitto benefit si prefigge di organizzare, al di là dell'attività commerciale e della gestione del museo, anche eventi particolari di carattere culturale e gastronomico. A tal fine la proprietà gli spazi concederà anche l'utilizzo dell'affascinante sala delle feste, anch'essa collegata (come lo spazio vendita) direttamente al giardino di 400 mq, con affaccio sul Bitto e sulla biblioteca dell'architetto Caccia Dominioni.


La Sala delle feste in fase di restauro


La rete di relazioni che lo "storico ribelle" (e ancor prima il bitto storico) hanno saputo intessere non solo con importanti protagonisti dell'agroalimentare di eccellenza,  enogastronomi, giornalisti ma anche con esponenti del mondo artistico e letterario, con associazioni quali il Fai consentirà di rinverdire i fasti del Folcher quando era punto di riferimento anche culturale della vita morbegnese. Si parlerà di cibo ma intrecciandolo alla storia, all'arte, alla letteratura, ai temi dell'ecologia e di una nuova etica della terra e del cibo. 



Per alcuni eventi particolari vi sarà la possibilità di utilizzare il giardino
 con affaccio sul torrente Bitto


Al di là del valore di "officina" di idee e di iniziative rivolte alla città del Bitto, il progetto di valorizzazione del Folcher all'insegna dello "storico ribelle" si prefigge di attirare a Morbegno da una vasta area della Lombardia un pubblico interessato alla qualificatissima offerta di prodotti agroalimentari attento ai temi proposti attraverso le proposte culturali e gastronomiche. Dal momento che la società valli del Bitto non si propone di esercitare attività commerciali su ampia gamma merceologica né, tanto meno, quelle di ristorazione, le attività che verranno innescate apriranno ampi spazi di collaborazione e complementarietà con gli operatori del settore del commercio, della ristorazione, dell'ospitalità alberghiera, con l'auspicio di contribuire alla costruzione di un polo di eccellenza nel turismo gastronomico anche con attenzione ad una platea internazionale. 

In tutto questo potrà svolgere un'azione positiva anche l'amministrazione comunale che ha già dimostrato interesse al progetto attraverso la partecipazione al convegno dell'11 marzo promosso dalla società valli del Bitto benefit e dalla rete "Territori del cibo" presso il Museo civico e patrocinando il successivo convegno di Bergamo della rete "Territori del cibo". 


Quando?

Entro il 2017. Intanto, però, lo "storico ribelle" ha bisogno dell'aiuto di tutti coloro che lo ammirano e credono al significato dei valori e dei modelli che incarna. Si può aiutare in tanti modi.

  • Partecipare alla campagna di azionariato popolare. Dopo il cambio di statuto per divenire Società Benefit, secondo la nuova legge in vigore dal 1 gennaio 2016, la Società Valli del Bitto riapre la campagna di azionariato popolare. Società benefit è quella che non mira solo al proprio utile ma a vantaggi per la società, il territorio, l'ambiente.La Società Valli del Bitto punta solo alla sostenibilità economica e non al lucro. Senza di essa non potrebbe conseguire i propri scopi che sono in primo luogo garantire - attraverso la valorizzazione economica - la sopravvivenza del formaggio "storico ribelle" (ex-bitto storico) con tutto il suo sistema di produzione in alpeggio che rappresenta un monumento di cultura e di biodiversità. Lo "storico ribelle" è Presidio Slow Food, il presidio che - a detta di Slow Food - incarna forse al meglio il principi del cibo "buono - pulito - giusto". Tutti possono partecipare a questa Società che incarna l'ideale dell'agricoltura etica sostenuta dalla comunità che, a sua volta, sostiene il territorio. Si diventa soci anche solo con 150€ ( con un tetto di 20 mila €). A tutti i soci viene riconosciuto un "dividendo etico" in natura pari al 2% del capitale sottoscritto e uno sconto del 10% sul prodotto Tutti i soci partecipano all'assemblea e al pranzo sociale. Per sapere come associarsi:  TEL. 334 332 53 66info@formaggiobitto.com

  • Adottare una forma in dedica vai a guardare qui

  • Offrirsi come volontari per le varie attività culturali e sociali svolte dalla società valli del Bitto Benefit e per  costituire un'associaizone di sostenitori dello storico ribelle (scrivete a redazione@ruralpini.it)