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sabato 10 marzo 2012

Del Nero salva la testa, la Valtellina perde la faccia

(10.03.12) La giunta della Camera di Commercio con il consenso delle categorie voleva dare il benservito al manager-politico del Distretto agroalimentare. Ma poi chi ha tirato il sasso ha ritirato la mano

Giovedì sera doveva essere una specie di 25 luglio 1943 per Patrizio Del Nero. Invece questa volta la congiura è fallita. Forse perché il Re (della bresaola) comm. Rigamonti, a differenza del Savoia non ha tolto la fiducia al suo Duce, ops, Direttore. Una storia da cui i rappresentanti delle categorie economiche della provincia di Sondrio non escono certo bene

La cronaca ha dell'incredibile. Le stesse organizzazioni di categoria che in Giunta di Camera di Commercio si pronunciano per la rimozione di Patrizio Del nero da direttore del distretto agroalimentare poi in Consiglio di amministrazione gli votano a favore. Ma allora chi rappresenta cosa? Vediamo di capirci qualcosa di una vicenda dove di certo Del Nero conserva la testa ma la Valtellina, quantomeno le associazioni di categoria , ci perde la faccia.

Il Consiglio di amministrazione 

Il dsitretto agroalimentare di Qualità della Valtellina è costituito da quattro Consorzi di prodotti Dop o Igp: quello della bresaola valtellina Igp rappresentato dal comm. Emilio Rigamonti, il re della bresaola industriale, titolare dell'omonima azienda leader, quello dei vini (Dop e Docg) con rappresentante Mamete Prevostini (dell'omonima cantina), quello dei formaggi Dop Bitto e Casera (è un consorzio unico) rappresentato dal presidente Vincenzo Cornaggia, quello delle mele IGP rappresentato dal presidente Gian Luigi Quagelli, dirigente scolastico e presidente  della COAV, una delle tre tre coop di melicoltori. Oltre ai quattro rappresentanti dei consorzi siedono con diritto di voto nel Cda i rappresentanti di tre soci partner; l'Unione industriali rappresentata da Fabio Moro, il re dei pizzoccheri della Valtellina industriali. Un prodotto che con il vero pizzocchero valtellinese di Teglio non c'entra nulla ma che è comunaque in attesa di Igp (sempre che al Ministero diano torto al pastificio Annoni di Bergamo che è il vero re del pizzocchero industriale...valtellinese). In ogni caso i pizzoccheri industriali della Valtellina  hanno anch'essi il loro bravo consorzio rappresentato dallo stesso Moro. Vi è poi Gionni Gritti in rappresentanza dell'Unione artigiani (è presidente di VolaValtellina), infine Stefano Martinalli in rappresentanza del Consorzio Vivi le valli di cui il principale socio è la catena di iper e supermercati "autoctona" Iperal. Martinalli è anche direttore commerciale della Fiuriuda, il maxi agriturismo di Plinio Vanini, titolare della AutoTorino, la più grossa azienda commerciale del settore e presidente dell'Associazione Provinciale Allevatori.  Nel consorzio Vivi le Valli tra i soci ci sono, oltre a Iperal e Credito Valtellinese (che insieme alla Banca Popolare è praticamente dietro a tutto quello che si muove sulla scena economica valligiana), Moro Pasta (quello di primna), Rigamonti Bresaola (sempre lui), AutoTorino di Plinio Vanini. Vivi le Valli è socio di VolaValtellina. E si potrebbe proseguire all'infinito.

Intrecci di interessi 

In Valtellina è difficile dire cosa rappresenti un personaggio perché c'è un forte intreccio tra imprese, consorzi, enti economici. Quasi tutti gli attori dello psicodramma della mancata decapitazione di Del Nero rivestono più ruoli, hanno più casacche. Non è difficile capire che i rappresentanti delle organizzazioni di categoria nel Cda del distretto agroalimentare rispondono anche agli interessi di cordate imprenditoriali e di aggregazioni subacque di interessi (oltre, ovviamente, che a quelli della propria impresa, a volte leader). Si aggiunga che la presa delle categorie sul Cda avrebbe dovuto essere rafforzata dalla influenza della Coldiretti sulle componenti agricole. Eppure quella che era una indicazione unanime del mondo economico valligiano non si è concretizzata in una svolta all'interno di un distretto agroalimentare dove pure le categorie dovrebbero avere voce in capitolo.
Rigamonti esalta l'autonomia del Distretto dalla Cciaa e dai "soci" ma dietro questa "autonomia" si potrebbe vedere altro: gli interessi particolari di chi siede nel Cda. In apparenza l'argomento usato da Rigamonti per ottenere la fedeltà del Cda al presidente e al direttore è consisito nel far presente ai consiglieri che gli atti contestati dalla Cciaa, in particolare la gestione falimentare della Mostra del Bitto (ricca di consulenze per alcuni personaggi ma povera di risultati), erano stati da loro sottoscritti.  Un argomento che avrebbe potuto costringere ad uscire allo scoperto qualcuno dichiarando i motivi della sfiducia delle categorie verso Del Nero. Resta il fatto che un Cda è sovrano e che avrebbe comunque potuto sfiduciare il direttore.

Quando i politici recitano il ruolo dei manager 

Il fatto è che Rigamonti e Del Nero rappresentano un duo che può utilizzare argomenti molto convincenti, capaci di far presa sui variegati interessi incarnati dai consiglieri. Il cumenda è forte dei suoi soldi, Del Nero di quelli pubbici che, nei suoi ruoli istituzionali e grazie alla sua influenza politica e capacità manovriera, è riuscito a redistribuire in gran copia. E si vede che continua a farlo.
Non è però molto edificante il quadro di un distretto diretto da un "manager" che è in realtà è un politico di professione che "viene da lontano" (dalle scuole quadri del Pci), forte di una sua influenza politica e capace di condizionare i consiglieri. Tanto da ottenere un voto di fiducia di un Cda in contrasto con gli orientamenti degli organismi di categoria che li hanno indicati come loro rappresentanti nel consiglio stesso.
Ne esce un panorama valtellinese piuttosto torbido. Che non contribuisce a migliorare l'immagine della valli (c'è anche la Valchiavenna); un panorama che racconta di giochi di potere poco trasparenti. Sullo sfondo c'è un distretto della (autoproclamata) Qualità che continua a puntare sull'immagine oleografica e sempre più "da bere"  delle montagne innevate, delle mucche Bruno alpine che non esistono più (sostitute dalle mucche-macchine da latte), delle donne e pastorelle in costume. Il tutto per smerciare  pizzoccheri fatti con sfarinati di grano duro canadese e un po' di pula di grano saraceno cinese (di cui si rivendica ora l'Igp) e la bresaola di carne congelata di zebù sudamericano.


domenica 4 marzo 2012

Firmate la petizione a sostegno dei ribelli del Bitto


Continua la petizione a favore del Bitto storico Presidio Slow Food

La petizione sulla piattaforma Firmiamo.it non si arresta. Siamo quasi a 4.000 firme ma l'obiettivo è 5.000. Inviatiamo chi non ha ancora firmato a farlo e a segnalare agli amici la petizione







 Il testo della petizione

Desidero esprimere la mia solidarietà ai produttori dell'area storica di produzione del formaggio Bitto (Associazione Produttori Valli del Bitto-Presidio Slow Food ‘Bitto Valli del Bitto’) che continuano a produrre come un tempo un formaggio con secoli di storia senza utilizzare mangimi per l'alimentazione delle mucche, lavorando il latte immediatamente dopo la mungitura ed astenendosi dall'impiego di fermenti selezionati. Ritengo che rappresenti un'assurdità dannosa per l'immagine delle produzioni tipiche regionali e nazionali, impedire loro, eredi delle innumerevoli generazioni di casari che hanno creato la reputazione di questo formaggio straordinario - in grado di invecchiare oltre 10 anni - di utilizzare la denominazione Bitto. Essi, infatti, sono stati costretti ad uscire dal Consorzio di tutela (CTCB) per motivi molto seri. Non è mai stato infatti concesso loro (come era previsto da accordi anche a livello istituzionale) di distinguere il Bitto prodotto negli alpeggi dell'area storica da quello prodotto in tutta la Provincia di Sondrio dopo che, con una decisione presa a tavolino, è stato concesso di produrre Bitto Dop anche dove esso non era mai stato prodotto in precedenza. La mancata distinzione delle due produzioni è risultata ancora più grave e non accettabile dai produttori storici dopo che, nonostante il loro totale dissenso, sono state approvate dalla Commissione Europea le modifiche del disciplinare di produzione che prevedono l'uso dell'aggiunta al latte di fermenti selezionati per ‘pilotare’ le fermentazioni casearie e degli alimenti concentrati (cereali, melasso e persino la soia, che è in larga misura geneticamente modificata) nell'alimentazione delle mucche. Chiedo pertanto che la Regione Lombardia si adoperi perché le ragioni della burocrazia non prevalgano su quelle del buon senso e della tutela di produzioni realmente tradizionali e rispettose dell'ambiente e che venga pertanto superata una situazione paradossale nella quale chi produce un prodotto a denominazione di origine nell'area di origine effettiva, e secondo i metodi tradizionali e costanti nel tempo, viene considerato fuorilegge e passibile di sanzioni.

sabato 3 marzo 2012

Con Del Nero è messa in discussione la politica della montagna di plastica

(03.02.12) Un clamoroso articolo di ieri su La Provincia, il quotidiano di Sondrio, annuncia che - salvo il presidente Rigamonti (bresaola) - tutto il Cda del distretto agroalimentare vuole la testa del politico di Albaredo
 

L'articolo in prima pagina di ieri su La Provincia strillato dalle locandine in tutta la valle significa una sola cosa: l'establishment valtellinese (che ruota intorno alle due potenti banche) da il buon servito a Patrizio Del Nero.

Siano forse assistendo alla parabola di un politico di vecchia scuola (formatosi alle scuole quadri del PCI), abilissimo a restare a galla, ma anche troppo disnvolto e arrogante. Un politico che controllando significativi flussi di denaro pubblico si è fatto parecchi "amici" ma anche molti nemici. Oggi i poteri forti di Sondrio hanno fiutato che il vento sta cambiando, che l'immagine della Valtellina veicolata dalle iniziative di De Nero e del Distretto agroalimentare (ex-multiconsorzio) rischia di diventare un boomerang. E prima che sia troppo tardi lo scaricano.

Il fallimento della Mostra del Bitto

Il casus belli che avrebbe indotto tutte le componenti del cda del Distretto agrolaimentare a chiedere la testa del direttore sembra da ricondurre alla gestione da parte del Distretto stesso (ex-Multiconsorzio) delle ultimi edizioni della Mostra del Bitto. Come avevamo ampiamente riferito lo scorso ottobre (vedi articolo su Ruralpini) Del Nero, con la sua consueta spregiudicatezza, aveva dichiarato per primo fallita la formula della Mostra del Bitto nella sua veste "pesante" allestita dalla fine degli manni '90 presso il polo fieristico. Lo aveva fatto mentre nei padiglioni gli addetti non avevano ancora finito di smontare gli allestimenti, prima che le critiche potessero azzopparlo. Ma tanto tempismo non lo ha salvato. Era operazione troppo spudorata.
Oltre al calo di presenze molti avevano lamentato l'assenza di "anima" di una mostra dove i formaggi erano sotto vetro, dove si trovavano le mercanzie più disparate e gli stand istituzionali erano poco o nulla presidiati (a parte le brochure patinate). Inutile ricordare che la Mostra del Bitto a causa delle politica del Consorzio del Bitto (CTCB) e delle istituzioni vede l'assenza del Bitto storico dalla edizione del centenario (2007).

Un convitato di pietra che fa paura

Un'assenza che pesa come un macigno anche se gli strateghi dell'agroalimentare valtellinese e i politici ad essi vicini (Severino De Stefani, assessore provinciale all'agricoltura, in primis) continuano a fare gli struzzi. Fingono di non vedere che il Bitto storico, quello autentico, che loro avversano come un luterano ai tempi del Sacro Macello, miete riconoscimenti su riconoscimenti al massimo livello internazionale. I media provinciali, a differenza di quelli bergamaschi e nazionali specializzati che dedicano al Bitto storico grande spazio, hanno sinora largamente censurato i successi del Bitto che sta indigesto all'ufficialità del gusto (valligiana e regionale). Il Bitto storico non si è però a svolgere il ruolo del convitato di pietar del Don Giovanni. Media valligiani e cittadini si sono accorti benissimo del grande successo dell'evento alternativo alla Mostra del Bitto ("Formaggi in piazza") che ha avuto per protagoniste le piazze di Sondrio e il Bitto storico, gli invisi ribelli del Bitto (vedi articolo su ruralpini). L'evento, qualificato dalla partecipazione di Slow Food, con poche migliaia di euro di budget ed ha richiamato una folla di visitatori con grande soddisfazione nei produttori presenti alla mostra-mercato. Ha in qualche modo rappresentato anche una  "riconciliazione" tra la Valtellina e i ribelli del Bitto sempre più orientati verso le Orobie e Bergamo. Il confronto tra l'insuccesso della costosa Mostra del Bitto e "Formaggi in piazza" è stato bruciante.
Gli espomenti del Distretto alimentare alla vigilia dell'evento hanno telefonato al sindaco Molteni per indurlo a lasciar perdere, a non dare la Piazza Garibaldi ai ribelli del gusto ma l'amministrazione ha tirato dritto. E i fatti hanno premiato il suo coraggio.


Quelle consulenze in rosso

Il Cda nell'ambito delle dolenti note che caratterizzano il bilancio della Mostra del Bitto (non tanto in termini ragionieristici quanto politici) pare essersi concentrato sulle discutibili spese per le "consulenze" a favore di Roberto Pinna, del Consorzio Valmalenco (20mila euro), Pierluigi Negri, ex consorzio turistico ed ex progetto sullo sviluppo della destinazione turistica "Valtellina Destination Management Organization" (8mila euro); Federico Scaramellini, del Consorzio turistico della Valchiavenna (32mila euro) e Carlo Fognini, ex assessore provinciale al turismo (24mila euro). A fronte di queste spese ufficialmente motivate dalla finalità di raggranellare disperatamente espositori sono rientrati 74mila euro.
A difendere Patrizio Del Nero pare essere restato solo il comm. Rigamonti, colui che sin dagli anni '70 ha tracciato il solco dell'agroalimentare valtellinese: utilizzare materie prime globalizzate a basso costo (nel caso della bresaola la coscia congelata di zebù sudamericano) per produrre un food Valtellina sound con abbondante uso di immagini di montagne innevate, limpidi torrenti alpestri, mucche felici, pastorelle in costume ecc.


In tempi recenti l'operazione viene continuata con i Pizzoccheri valtellinesi IGP, un prodotto nato con la farina di grano saraceno che oggi per l'80% è prodotto con "sfarinati" di grano duro canadese e un po' di farina e pula di grano saraceno cinese (tanto per dare colore e aspetto "rustico").

L'altra Valtellina del cibo, quella eroica, emerge ora alla ribalta e mette in crisi il sistema

Mentre l'immagine del prodotto alimentare valtellinese rischia di essere assimilata presso il grande pubblico a quella di tarocchi globalizzati  i produttori "eroici", quelli degli alpeggi storici del Bitto, ma anche le nuove leve di viticultori. hanno inaspettatamente resistito e anzi stanno ottenendo successi.
Non è difficile a questo punto pensare che qualcuno un po' più lungimirante stia arrivando alla conclusione che si debba operare una correzione di linea, con l'apertura ai piccoli produttori intransigenti puri e duri e un rifacimento d'immagine complessiva dell'agroalimentare valtellinese. Con una convivenza che si basi su una onesta distinzione tra ciò che è autenticamente tradizionale e ciò che è dignitosamente industriale. Nel rispetto reciproco. È una operazione che richiede la rimozione di Del Nero - nemico acerrimo dei "ribelli del Bitto" - dalla cabina di regia dell'agroalimentare provinciale. Un nemico, oltretutto, che è della categoria peggiore, quella dei ribaltonisti. Vale la pena ricordare che Patrizio Del Nero è passato dal ruolo di sostenitore entusiasta dei ribelli (e del Presidio Slow Food che li ha tutelati) a loro detrattore (sotto una foto "storica" che ritrae Del Nero - a destra - con Paolo Ciapparelli, il leader dei produttori ribelli).


Pesano gli smacchi già subiti da Del Nero

Se l'operazione di siluramento di Del Nero andrà in porto è anche perché il nostro è stato indebolito da alcuni altri smacchi che si sommano a quello della Mostra del Bitto allo sfacelo. Una delle decantate realizzazioni promosse da Del Nero nella sua Albaredo (dove mantiene le cariche di assessore comunale al bilancio e di presidente della Albaredo promotion) è la Fly emotion. Un "emozionificio" che sfrutta mode turistiche effimere: la montagna parco-giochi, la montagna da bere.


La Fly emotion è una società, partecipata dagli enti pubblici, che ha realizzato e gestisce un impianto a fune che consente il "volo" - andata e ritorno - da Albaredo al vicino comune di Bema (quello dell'ex-presidente della Comunità montana, Passamonti, finito in galera per la tangentopoli morbegnese). Nelle ultime settimane è emerso che la società specializzata trentina (Wind) che ha realizzato materialmente l'impianto luna-park non ha ancora ricevuto un soldo. Sono volate accuse reciproche tra la Fly emotion e la Wind e la cosa finirà in tribunale. Dal momento che ci sono di mezzo delle amministrazioni pubbliche la faccenda rischia di avere conseguenze politiche.
Non era stato senza conseguenze per Del Nero neppure l'affaire del Parco eolico. Il Parco, bocciato sonoramete dai bergamaschi, ma anche dalla provincia di Sondrio quando Del Nero era presidente del consiglio provinciale. L'opera era caldeggiata ardentemente dai comuni di Albaredo e di Bema (sempre gli stessi) tanto che Del Nero si è recato a perorare la causa sino al consiglio dei ministri a Roma (dove finiscono i contenziosi tra ammistrazioni pubbliche).


Alla maggior parte dei consiglieri provinciali, compresi quelli del Pdl che è in maggioranza con la Lega, non è andato giù che un rappresentante della provincia abbia sostenuto con foga - in rappresentanza del suo comune - una causa in contrapposizione alla provincia stessa. Così il nostro è stato sfiduciato e ha perso la prima cadrega. Con la doppia cadrega in consiglio e da "manager" Del Nero era in una botte di ferro. Ora gli rimane solo la cadrega di "manager" (per quanto può essere manager un politico di professione tanto navigato da aver fatto in tempo ad essere segretario provinciale del vecchio PCI). Ma traballa anche quella. E se cade in disgrazia corre il rischio che qualcuno si metta ad analizzare la lunga sequela di opere pubbliche realizzate ad Albaredo con larga dovizia di mezzi e a cercare di capire come i finanziamenti ricevuti per la tutela e valorizzazione della Via Priùla (la storica via del XVI secolo tra Bergamo e Morbegno) siano coerenti non solo con il Parco eolico che avrebbe deturpato il Passo di San Marco da dove transita il tracciato, ma anche con le condizioni spesso pietose del tracciato stesso in comune di Albaredo (come documentato da un nostro precedente servizio su Ruralpini).

venerdì 2 marzo 2012

Guarda il video della televisione svizzera

I recenti successi del bitto storico sono alla base del servizio della Televisione della Svizzera italiana che si può vedere in streaming al link qui sotto