RIPARTE LA CAMPAGNA SI SOSTEGNO ALLO STORICO RIBELLE (EX-BITTO STORICO)

BLOG UFFICIALE DEI RIBELLI DEL BITTO (SOCIETA' VALLI DEL BITTO BENEFIT)
La Società valli del bitto benefit è la forma organizzata, in grado anche di svolgere attività economica a sostegno dei produttori. Sono soci della "Valli del bitto benefit" i sostenitori (con ruoli di finanziatori/collaboratori volontari/consumatori), i produttori, i dipendenti Per associarsi basta acquistare una sola azione dal valore di 150 € per info: 334 332 53 66 info@formaggiobitto.com. Aiutaci anche anche acquistando una forma in dedica o anche solo un pezzo di storico ribelle vai allo shop online

lunedì 28 novembre 2011

Bitto storico news (2) - novembre 2011

  il Bitto storico sempre più proiettato 

nell'empireo della qualità mondiale


di Michele Corti

 

Bitto storico a New York, a Hong Hong, alle aste di Parigi. Il mondo si sta accorgendo che nel campo dei formaggi c'è un'eccellenza che può giocare un ruolo che sino ad ora hanno svolto esclusivamente i grandissimi vini.

 

Sommario



Durante la conferenza stampa svoltasi il 18 novembre il comm. Emilio Rigamonti, (bresaola) presidente del Distretto Agroalimentare provinciale ha ammesso che "... è piuttosto strano che all'interno di una mostra che punta i riflettori innanzitutto sul Bitto manchino da così tanto tempo i produttori storici...". Rigamonti auspica quindi una "pacificazione". In ogni caso il contratto che affidava al Distretto Agroalimentare la gestione della Mostra del Bitto è scaduto e le dovrà farsi avanti qualcun'altro con delle proposte. Che la Mostra del Bitto debba tornare tale per non dover cessareè abbastanza scontato, che si debba abbandonate la localizzazione al chiuso nel Polo fieristico è altrettanto scontato. Il successo di manifestazioni come Cheese a Bra, ma della stessa Formaggi in Piazza a Sondrio indica chiaramente quale sono le formule che il pubblico apprezza, formule che attirano visitatori ma senza dimenticare la qualità. La Mostra del Bitto in realtà era diventata una fiera generalista senz'anima che semmai rappresentava una vetrina asettica per la produzione industriale. I produttori storici sono interessari a partecipare ad un evento che abbia il coraggio di tornare alle origini, di essere il luogo di un incontro gioioso e spontaneo tra il mondo degli alpeggi e quella componente di consumatori, di turisti che è interessata a conoscerlo più da vicino, disposta anche a riconoscere ad una qualità specifica, a dei formaggi "gran cru" il prezzo in grado di remunerare la fatica, l'abilità, la passione, le competenze di pastori, casari, affinatori. Per vedere il formaggi dietro le vetrine e per collezionare depliant tanto vale farlo alla Fiera di Milano. Se a Morbegno qualcuno avrà il coraggio di voltare pagina e di coinvolgere in una rivisitazione storica quelli che sono i referenti naturali: i produttori storici del Bitto allora questi ultimi non si tireranno indietro.

Giovanni Guffanti (nella foto sopra) in occasione del Food Day  (lunedì 24 Ottobre ) presso Eataly a New York ha aperto una forma 'storica' di Bitto storico, prodotta in una data fatidica. La cosa ha suscitato ovviamente un interesse particolare. Il pubblico che ha affollato il negozio Eataly era mosso da realmente interesse per cibi  si qualità indiscutibile ovvero prodotti healthy e derivati da produzioni ecosostenibili. Ovviamente la parte del leone l'ha fatta il Bitto storico dell'11 settembre 2001 che ha attirato la curiosità di molti per la celebrazione ed il ricordo dei 10 anni dalla tragedia delle torri gemelle ma che ha permesso di far conoscere (e degustare) un prodotto che per ingredienti e modalità di produzione rispondeva esattamente al manifesto del Food Day voluto dal presidente Obama. Oltre al pubblico ed ai giornalisti, in occasione del taglio del Bitto erano presenti:
Alex Saper (ceo Eataly NYC), Joe Bastianich (socio Eataly NYC e protagonista di "Master Chef" su Sky), Nicola Farinetti (socio Eataly NYC e figlio di Oscar ideatore di Eataly), Dino Borri (direttore Eataly NYC), Amy Bjork (responsabile eventi Eataly NYC). Un commento si impone a questo punto. Eataly a New York ha utilizzato l'immagine del bitto storico ma nei negozi Eataly in Italia non ne promuove la vendita. Ovviamente è più facile vendere formaggi a prezzi "normali" ma da chi si presenta come vetrina delle eccellenze italiane un po' più di impegno si potrebbe aspettarselo. Un caloroso complimento invece a Guffanti che nel Bitto storico crede in modo convinto da tempoò.



La forma della foto sotto è una di quelle eccezionali. La "decana" è l'ormai famosa forma del 1996 battuta a 2.299 € all'asta di Bra, a conclusione di Cheese. Questa che vedete sotto, aperta e in parte già confezionata sotto vuoto sta per essere spedita ad Hong Hong. La ditta di import ne ha acquistati 4 kg più altri kg di forme meno vetuste. Ho voluto riprendere, anche a beneficio degli estimatori di questo formaggio-mito da vicino la superficie in modo da far apprezzare la tessitura, il disegno della pasta, perfettamente sana.


La forma della foto sotto (annata 2004) invece  sta per essere spedita alla casa d'aste parigina Artcurial agli Champs Elysees. Il 16 dicembre ci sarà un'asta dei migliori cibi del mondo con la presenza e supervisione di Alain Ducasse. La forma del 2004 ha una base d'asta di 1000 €. Vedremo a quanto sarà battuta.




L'aumento di capitale è stato deliberato il giorno 27 novembre dall'assemblea straordinaria della Valli del Bitto trading spa.  Il capitale passa da 363mila a 1milione e 89mila€. Quanto agli altri punti importanti all' Odg si regista la decisione di mantenere il nome della società (valli del Bitto trading spa). In molti si è insoddisfatti di questo nome che i nemici del bitto storico hanno spesso usato (e usano) strumentalmente (facendo leva sull'incongruenza di quel "trading" per una società che si proclama etica - e che può dimostrarlo conti alla mano - a differenza di tante false Onlus. La discussione verteva sia sul "trading" che sul riferimento alle "Valli del Bitto" ormai superato dai fatti e dalla storia dal momento che la denominazione "Bitto storico" si è imposta autorevolmente divenendo motivo di fascino e prestigio (e al tempo stesso sinonimo di eroica resistenza casearia). Le considerazioni sugli inconvenienti legati al cambio di denominazione a fronte di una non chiara nuova soluzione hanno però consigliato di soprassedere (ma solo per il momento). Tutte le decisioni sono state prese in uno spirito di grande coesione e concordia.
FATEVI E FATE UN REGALO DI NATALE ETICO
Tanti parlano di cibo di qualità, di eccellenza, persino pulito e giusto. Il bitto storico è tutto ciò. Lo è stato e continua ad esserlo con coerenza. E, in un mondo di ipocrisia e di vuota immagine (il marketing) è stato ferocemente combattuto. Combattuto in tutti i modi perché la sua stessa esistenza mette in discussione le pretese millantate da tanti che si sono impadroniti di parole come "tipicità", "tradizione", "montagna", "alpeggio".  I produttori del bitto storico hanno bisogno di aiuto. Il modo più concreto è sottoscrivere azioni della società etica che rappresenta il braccio commerciale (senza scopo di lucro) dei produttori. La società è partecipata dal Consorzio dei produttori e dai singoli produttori stessi.  La Valli del Bitto trading riconosce loro, a fronte del rispetto delle norme autenticamente tradizionali di produzione, un prezzo etico di 16€ al kg per il prodotto fresco. Il bilancio della società sta li a dimostrare quanto affermiamo e chi vuole può verificarlo di persona con le apposite visure camerali (reg. impr. Sondrio 00815750146, REA 61732 ).
E ricordate: solo le forme autografate dal casar-artista e dal presidente Paolo Ciapparelli sono forme autentiche di Bitto storico.
COME DIVENTARE SOCI
Tutte le richieste di divenire soci entro l'anno solare 2011 consentiranno di partecipare all'assemblea sociale ordinaria del prossimo aprile. Per divenire soci basta effettuare il bonifico bancario (150€ mo multipli), compilare e spedire il modulo sotto riportato.
VENUTO A CONOSCENZA CHE LA SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA CON SEDE IN  VIA NAZIONALE , 31 23010 GEROLA ALTA (SO) HA DELIBERATO L'AUMENTO DEL  CAPITALE SOCIALE

IL SOTTOSCRITTO…………………………………..................NATO A……………...............…......

IL…………............ RESIDENTE  IN ……………………....................VIA……………....................

C.F…………………..................…  TEL…………….............……EMAIL……...................……………

A CONOSCENZA CHE L’ATTUALE VALORE DI OGNI AZIONE E’ DI € 150,00
CHIEDE  DI POTER  SOTTOSCRIVERE  N°……….. AZIONI  
PER UN TOTALE DI  € …………….........DICOSI  € ……………..........................................…………

BANCA DI APPOGGIO CREDITO VALTELLINESE AGENZIA MORBEGNO
IBAN    IT50  H 05216  52230  0000  0000  4681

DICITURA PER LA BANCA:   VERSAMENTO PER SOTTOSCRIZIONE N° ……. AZIONI 
SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA SEDE GEROLA ALTA 

Modulo da copiare e incollare e da inviare via email dopo aver effettuato il bonifico a:
 info@formaggiobitto.com  (potete allegare la ricevuta del bonifico, ma non è indispensabile)

domenica 13 novembre 2011

Il Bitto storico alla festa dell'agricoltura lombarda


Milano, 11 novembre 2011.

I Giaröi, il gruppo tradizionale di Gerola alta sono stati invitati insieme ad altri gruppi tradizionali lombardi, che tramandano aspetti importanti della cultura popolare, alla seconda Festa dell'agricoltura lombarda in Piazza Città di Lombardia, al centro della nuova sede della Regione.
Essi, come normale, hanno portato il Bitto storico che è un emblema e una gloria di Gerola. E così, in una occasione molto istituzionale, il Bitto ribelle sgradito alla burocrazia regionale, al mondo dei consorzi e multiconsorzi, ha fatto capolino nella piazza. Con una forma dedicata a Slow Food e con il libro "I ribelli del bitto".




martedì 8 novembre 2011

Il calendario dei Ribelli del Lagorai: la tradizione aperta al mondo

(09.11.11) È uscita la 9a edizione del calendario della Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai. "Latte, caglio e fuoco" è il titolo del calendario: ma anche un grido di guerra (con armi pacifiche)

 

di Michele Corti

La catena del Lagorai si trova nel Trentino orientale e divide la val di Fiemme dalla val Sugana. non ci sono montagne spettacolari ma laghi, boschi e, soprattutto malghe. È un comprensorio dove la cultura tradizionale della malga è riuscita a resistere meglio di altrove in Trentino. La libera associazione malghesi pastori del Lagorai è sorta per tutelare questo grande patrimonio, etnografico paesaggistico, di cultura casearia. Così come i più noti Ribelli del Bitto anche i Ribelli del Lagorai sono inseriti in reti lunghe, guardano al mondo e il mondo guarda a loro. Il Bitto storico va a New York e a Parigi, il formaggio delle malghe del Lagorai in California.  Ricevono solidarietà ma la ricambiano generosamente. Loro, che dalle istituzioni ricevono spesso solo ostracismo. Eppure il ricavo dell'asta del bitto storico a Bra è stato devoluto interamente alla campagna Orti per l'Africa e quello della 9a edizione (2012) del Calendario della Libera Associazione malghesi e pastori del Lagorai sarà devoluto a favore dei pastori palestinesi delle colline di Ebron sotto pressione da parte dei colòni israeliani e della Tsahal.
Il guerriero e la pasionaria
Sono combattivi, sia Paolo Ciapparelli (il guerriero del bitto) che Laura Zanetti (la pasionaria del Lagorai) ma la loro è una guerra pacifica. Che tipo di guerra? La guerra del bitto, che Ciapparelli e i suoi conducono da diciassette anni (e chi i lettori  di Ruralpini credo conoscano). Quella della Zanetti e del suo manipolo (ancora più esiguo) di malghesi è del tutto analoga e se possibile ancora più difficile. L'ha spiegata ella stessa alla presentazione del calendario a Renzo Maria Grosselli, il giornalista dell'Adige che per la causa dei malghesi e della montagna in generale ha una rara sensibilità. "Che guerra è la tua, Laura?":
"Una pacifica dichiarazione ad un sistema che impone la tecnologia come esigenza economica ma anche ideologica. Dietro il calendario c’è evidentemente tutta la battaglia decennale dei malghesi per conservare l’ampia varietà casearia, da malga a malga. Ognuno col suo formaggio. Ciò è possibile solo se ogni casaro può applicare la propria ricetta personale, lavorando solo con latte e caglio".
L'obiettivo non dichiarato ma trasparente della polemica della Zanetti è la Fondazione Mach e, in particolare, il progetto di "biodiversità addomestica" (e un po' rubata) tendente a realizzare fermenti selezionati ad hoc per i formaggi di malga. Un passo in avanti certp rispetto a quando si consigliava di usare, anche nei caseifici di malga, le bustine delle industrie; ancora di più se si pensa che venti anni fa la provincia e l'allora Istituto di S.Michele allA'dige (oggi Mach) pensavano che le malghe non avessero futuro. Venne incentivato il trasporto del latte di malga nei caseifici a valle dove veniva mescolato con quello delle stalle di fondovalle dove già allora si faceva largo ricorso ai mangimi e ai foraggi importati.
Negli ultimi anni si è cercato di valorizzare le residue produzioni realizzate in malga e di separare nei caseifici il latte proveniente dalle malghe del resto di quello che vi viene conferito. Se l'economia della malga è stata in qualche modo rivalutata ciò lo si deve anche ai ribelli del Lagorai che hanno agito da pungolo, sia pure mal tollerato.  
 
Il ruolo del calendario

Grazie ad una serie di iniziative culturali, di corsi, di convegni ma, soprattutto, grazie ad un calendario (che ormai è giunto alla nona edizione) la Libera associazione malghesi e pastori del Lagorai ha molto contribuito, sia pure da posizioni critiche e conto corrente rispetto alle istituzioni, a rilanciare la consapevolezza del valore delle malghe. Molto tempo prima che l'accademia e i tecnoburocrati scoprissero la "multifunzionalità". Il calendario ha giocato un ruolo molto importante nel far conoscere l'associazione e le sue tematiche; diffuso capillarmente in Valsugana ma anche a Trento, Rovereto e in altri centri presso librerie e cartolibrerie ma anche direttamente dalla stessa Laura Zanetti che - fino a pochi anni fa - riusciva a fare acquistare parecchie copie persino all'assessorato provinciale all'agricoltura. Con la vendita del calendario la libera associazione riusciva ad autofinanziarsi evitando di dover vendere l'anima per trenta denari come succede spesso nell'ambito dell'associazionismo.
 
Foto Walter Pescara
Un calendario dai contenuti molto importanti (artistici, culturali, sociali, umani)
L'edizione 2012 del calendario si avvale dell'apporto di un fotografo di chiara fama, Walter Pescara (in passato hanno contribuito Christian Cristoforetti, Aldo Fedele, Roberto Spagolla e Flavio Faganello). Sono foto la cui bellezza non si lascia cogliere immediatamente, non sono 'lavorate' come certi vini (e certi formaggi). Sono di una bellezza semplice ma di una grande forza compositiva e cromatica.
Il calendario, però, quest'anno contiene  una straordinaria chicca poetica: una poesia inedita di Lawrence Ferlinghetti, il poeta della beat-generation. Ferlinghetti è un grande poeta e anche un editore a San Francisco. È amico di Laura ed un estimatore del formaggio del Lagorai. Non si tratta quindi di un accostamento casuale tra un artista e una causa 'originale' (di 'originale' c'è il formaggio delle malghe del Lagorai, quello si) ma di qualcosa di più profondo. Anche la traduzione in italiano dall'inglese è di un autore importante: Luigi Ballerini,  a sua volta poeta e docente di letteratura italiana all'Università della California (di Ballerini e di un progetto culturale che stiamo portando avanti insieme avrò modo di parlare prossimamente). La poesia inedita di Ferlinghetti si intitola:  "Non ci sono forse ancora le lucciole" ed è stata composta appositamente per il calendario del Lagorai (in fondo alcuni versi).

Foto Walter Pescara
Queste piccole produzioni eroiche, questi ostinati artisti del latte e i loro sostenitori sono un po' come dei Davide che devono combattere contro Golia. Gli apparati burocratici, i piani di sviluppo rurale, regioni, province, consorzi supportano ben altre produzioni, però questi formaggi ribelli ottengono l'appoggio dei grandi personaggi. Di poeti che riescono a vendere  milioni di copie di un loro libro di poesie. Al calendario mi onoro di aver portato anch'io un contributo con una breve presentazione scritta nella quale spero di avere trasmesso il senso di questa guerra pacifica in nome di una diversità biologica e culturale, contro la standardizzazione e la omologazione dei formaggi (e delle coscienze).
Foto Walter Pescara

Non ci sono forse ancora le lucciole
E le stelle in cielo ogni notte
Non riusciamo forse a vederli
nella sfera di cristallo della notte
questi segni del nostro “beatifico destino”?

L. Ferlinghetti, agosto 2011

sabato 5 novembre 2011

Bitto storico in cattedra al Poli

(04.11.11) Il Bitto storico con le sue tecnologie, le sue innovazioni, la sua esprienza fuori dal comune è stato oggetto ieri di una lezione di 'laboratorio di design' al Politecnico di  Milano (sede Bovisa)

di Michele Corti

Nell'ambito di un corso tenuto da Giacomo Mojoli, l'esponente di Slow Food che per primo 'scoprì' i ribelli del Bitto, il 'caso bitto' è stato presentato agli studenti di design. Un'esperienza che varrebbe la pena ripetere anche in altri ambiti accademici
Giovedì 3 novembre presso la facoltà di design del Polimi (Milano Bovisa) il Bitto storico è salito in cattedra. Più concretamente agli studenti del corso "Laboratorio di disegn-concept"  sono stati presentati l'esperienza storica di una tradizione produttiva e quella attualissima della 'ribellione contadina postmoderna' che quella ha inteso difendere e valorizzare.  


La presentazione è stata affidata a Paolo Ciapparelli (il guerriero del bitto) che ha introdotto la vicenda singolare del Bitto storico, così densa di significati e così anticipatrice di tendenze. Il compito di trasmettere informazioni ma anche suggestioni agli studenti è stato in gran parte affidato però al video realizzato ormai sei anni fa da Slow Food con il titolo "Bitto, formaggio perenne".


Le parole e le immagini hanno portato all'attenzione degli studenti una realtà che pare lontana nel tempo e nello spazio e che invece riassume come in un microcosmo o in un laboratorio sociale tanti aspetti della tarda modernità (comprese le scelte drammatiche in materia di sostenibilità agroalimentare che Piero Sardo a Sondrio a richiamato nella sua conferenza sul Bitto storico il 1° novembre - vai all'articolo).


Ciapparelli ha ricordato come la storia del Bitto storico ruota intorno alla  inaspettata e apparentemente disperata ribellione di alcuni produttori, casari, alpeggiatori (e di coloro che li hanno sostenuti intuendo quali valori essi stessero sostenendo).
I ribelli del Bitto (produttori e sostenitori) hanno osato sfidare l'ortodossia del marketing e un intero assetto ideologico, politico, economico nei suoi aspetti agroindustriali, burocratici,  istituzionali. Nessuno avrebbe scommesso sull'esito di questa ribellione in quanto giudicata 'roba da trogloditi', lotta contro i mulini a vento, contro il 'progresso'.


Tutto per difendere qualcosa che appare 'imperfetta' agli occhi della cultura dominante, necessaria di innovazionii tecnologiche modernizzatrici ma che agli occhi degli strenui difensori del valore di un prodotto legato ad una precisa origine territoriale e a una storia che si è svolta e sedimentata qui - per via di determinate circostanze e caratteri. E che non poteva svilupparsi altrove.


Giacomo Mojoli, titolare di un modulo del corso (l'altro è tenuto da Giulio Ceppi che ha seguito con interesse la presentazione) ha esordito invitando gli studenti a non lasciarsi distrarre dagli aspetti gastronomici ma a concentrarsi sui suggerimenti progettuali, sul volore della storicità e della solo apparente arcaicità derlla storia dei ribelli del Bitto, sul valore innovativo di questa storia.


Essa, ha continuato Mojoli ci parla di una logica ben precisa del sistema di pascolamento, di un ruolo di una diversa scansione del tempo e di una capacità di adattamento alle 'imperfezioni' di un sistema che è agli antipodi delle logiche industriali,  che è in sintonia con esigenze di qualità ma anche di  tutela ambientale, di accudimento del territorio. L'attualità tragica di queste lezioni è stata giustamente sottolineata da Moioli.


Agli studenti il docente ha poi indicato delle piste di lettura utili per la loro esercitazione progettuale. Li ha invitati a prendere lezione da un tipo di lettura stimolata dall'esperienza Bitto storico che consente di non fermarsi alle immagini che - se lette in modo superficiale - rimanderebbero alla nostalgia del bel tempo che fu dentro ma a leggere gli aspetti di conflitto e di innovazione di grande valore.
Un esempio lo sgabellino di mungitura, lo scagn, realizzato in fogge che li rendono uno diverso dall'altro. Sono realizzati ancor oggi dagli stessi pastori utilizzando un unico pezzo di legno e proprio per questo sono così imperfetti e diversi - non solo nella decorazione - dovendosi adattare alle caratteristiche del legno. Ascoltando Mojoli pensavo che l'associazione tra sgagn e design che può apparire strana in un aula del Poli di Milano ha prodotto in Svizzera una mostra sul Botte-cul (nome dello scagn sugli alpeggi della Svizzera francofona). Partita da Milano al centro svizzero di piazza Cavour nel 2002 la mostra - che comprendeva Botte-cul 'arcaici' e interpretazioni tecnologiche di design - ha poi girato l'Europa ed è approdata anche a New York. Più attenzione che a Milano l'ha ricevuta a Bolzano, proprio alla facoltà di Design e Arti. Povero scagn, ha la colpa di essere nato in un paese dove ciò che sa di rurale (a maggior ragione pastorale) è trattato con sommo disprezzo. Un pregiudizio che è anche chiave di lettura della storia del Bitto storico.


Mojoli ha comunque richiamato l'attenzione anche sul calécc, la mitica 'capanna casearia' del Bitto storico manufatto 'primordiale' e altamente 'imperfetto' (si adatta alla pendenza, alla presenza sul pascolo di massi in funzione di pietre angolari e di componenti del muro a monte incaricato di sopportare la spinta del terreno in ragione della parziale funione di contenimento). Ma anche tassello di un sistema di pascolo altamente sofisticato. Chiamato a presentare il libro "Ribelli del bitto" ho concluso richiamando l'importanza della dialettica arcaicità-innovazione, sottolineando il valore attualissimo delle tecnologie di fine adattamento all'ambiente e del connessi sistemi di saperi 'impliciti'. Ho anche ribatito come l'interpretazione accademica della realtà è spesso inficiata da pesanti filtri ideologici (acuiti dallo 'scientismo' e dalle sue pretese di autoreferenzialità e neutralità). Nel caso del bitto storicoi i 'tecnici' del tutto ignoranti dello spessore delle relazioni sociotecniche sottese al sistema Bitto hanno qualificato come arcaico, bucolico, superato un sistema che si era perfezionato nei secoli sviluppando al massimo le risorse legate al capitale sociale, alla comunità di pratica, alla stessa professionalizzazione spinta dei casari e degli altri attori (commercianti, stagionatoci, proprietari di alpeggi, 'esperti'). Gli ignoranti laureati (i peggiori) hanno assimilato il sistema Bitto a quelle produzioni di mera sussistenza che gli alpigiani realizzavano in altri contesti. Contesti in cui perfezionamenti tecnici e di relazione sociale tra gli attori non avevano alcuna chance di sedimentarsi e di capitalizzarsi in uno straordinario livello di qualità.

venerdì 4 novembre 2011

Si può fare promozione senza sprecare denaro pubblico (e a favore dei piccoli produttori)

(04.11.11) Il bilancio più che positivo della manifestazione "Formaggi in piazza" a Sondrio rende inevitabile il confronto con la 'pesante' e fallimentare Mostra del Bitto (che con il Bitto c'entra poco) di Morbegno esempio di 'promozione istituzionale'

A Sondrio con una spesa forse cento volte inferiore della Mostra del Bitto di Morbegno è stato realizzato un evento che ha riempito le piazze e lasciato soddisfatti gli espositori (quasi tutti piccoli produttori artigianali di formaggi) e i pubblici esercizi
Bilancio più che positivo per "Formaggi in piazza" l'evento dedicato alle produzioni di montagna che, arrivato alla sesta edizione, ha registrato un netto salto di qualità e di interesse. La mostra-mercato, che si è arricchita di eventi e attrazioni è costata al comune di Sondrio tre-quattro mila euro.


Il bilancio di "Formaggi in piazza" è in attivo non solo perché è costata poco ma anche perché ha offerto molto: stati presenti 65 espositori (che  hanno registrato buone vendite),  centinaia di bambini hanno potuto fruire dell'asinovia ci sono stati convegni, degustazioni, dimostrazioni di home brewing e di antichi mestieri, ristoranti e trattorie hanno lavorato molto bene.


Certo per offrire tutte queste cose c'è stato un impegno che va oltre la misera cifra sopra indicata. C'è stato l'impegno in prima persona degli amministratori (a cominciare dell'assessore al commercio Francesco Ferrara) e dei funzionari comunali, c'è stato l'apporto di volontariato appassionato e competente dei soggetti che hanno collaborato con il comune: Slow Food e il Consorzio salvaguardia Bitto storico con i suoi 'alleati' bergamaschi. Sono state poi sfruttate in modo intelligente strutture esistenti: innanzitutto le belle piazze cittadine, poi il Centro Le Volte. Quest'ultima è una struttura dedicata al vino e ai prodotti del territorio realizzata attraverso la ristrutturazione della vecchia cantina ottocentesca della ex-Enologica valtellinese (il nome fa riferimento alle volte della cantina che ospitava la seconda botte più grande d'Europa). Attraverso questi eventi il Centro, attrezzato con postazioni per degustazioni professionale e una sala convegni vive e non rischia di diventare una 'cattedrale nel deserto'.


Cadendo dopo pochi giorni dall'edizione-capolinea della Mostra del Bitto di Morbegno (ma quanto c'entra ancora il Bitto con quella roba lì?) il confronto è stato impetoso, anche perché a decretare la fine della Mostra di Morbegno - che ha un costo dell'ordine delle centinaia di migliaia di euro - sono stati gli stessi organizzatori (vedi articolo di Ruralpini) che si sono spregiudicatamente sfilati. Per gli enti, e che sfilza, che 'targano' la Mostra del Bitto: Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Regione Lombardia, Provincia di Sondrio, Bim, Camera di Commercio, Comune e Comunità Montana di Morbegno dovrebbe essere motivo di riflessione.


Certi eventi e certi meccanismi istituzionali di promozione sono diventati carrozzoni, macchine che servono quasi solo a sé stesse, pretesti per fare avere un sacco di soldi agli enti del 'gusto istituzionale' (i consorzi delle dop e igp, i multiconsorzi, i distretti agroalimentari) e del turismo istituzionale nonché ai soggetti (ditte di servizi, società, professionisti, associazioni) che ruotano intorno a queste cerchie. Soldi che finiscono in 'giri' che portano agli stand vuoti con dentro le brochure, che finiscono in costosissime pubblicazioni patinate magari improvvisate nei contenuti che finiscono nelle cantine o che vengono distribuite 'a spaglio'. Qualcuno (tanti) ci mangia(no) su, è ovvio. La manifestazione di Sondrio ha dato di certo fastidio a certe 'cupole'. Non solo perché ha dimostrato che ci sono formule che evitano lo sperpero di denaro pubblico ma anche perché sono proprio le manifestazioni 'leggere' che servono ai piccoli produttori agricoli. I grandi eventi non solo ingoiano denaro pubblico per redistribuirlo secondo mai cessate prassi clientelari ma finiscono per essere inaccessibili (per via del costo degli stand) ai produttori artigianali, a coloro che producono in montagna, che mantengono con coraggio antiche tradizioni produttive.


A Sondrio nella piazza Garibaldi rbattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del Bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi altri produttori che non è esagerato definire eroici.


A Sondrio nella piazza Garibaldi ribattezzata per l'occasione 'Piazza della resistenza casearia' c'erano dei veri resistenti. Non solo i ribelli per antonomasia (quelli del bitto - foto sotto nello stand) ma anche diversi produttori che non è esagerato defini eroici.

Non è facile resistere sugli alpeggi


Tra loro Marilena Giorgis e Aldo Macario che caricano l'alpe Vagliotta in valle Gesso (Cn). Non si arriva con la strada (solo con la moto da trial), delle tre stazioni sono una è stata riattata e le pecore devono fare un lungo cammino per recarsi sui pascoli alti e ridiscendere alla sera per essere chiuse in un recinto a prova di lupo. Nonostante queste fatiche i predatori a settembre hanno ucciso 8 pecore (due sono disperse) approfittando del fatto che i nostri amici pastori si sono lasciati cogliere nel rientro al 'campo base' dall'oscurità con le giornate più brevi. C'erano poi Silvia Fiore e Andrea Scagliotti, due giovani laureati con bambini piccoli che caricano l'alpe Pravaren in alta val Susa (a Venaus noto per la TAV). La strada da loro arriva sino alla casera ma i pascoli sono ripidi e accessibili sono con il cavallo e Andrea deve andare su e giù (l'ultimo pezzo portandosi il carico in spalla) perrifornire di cibo il pastore rumeno che sorveglia le pecore e i cani da guardiania. Anche qui il lupo picchia.

... ma se a resistere sono i giovani ci sono speranze


Il giovane Giacomo Ruiu (alpe di Blessagno in val d'Intevi, Co)(foto sopra) deve confrontarsi con altri selvatici non meno temibili: i cinghiali che gli devastano prati e pascoli. Non è facile resistere alla burocrazia, ai predatori, alla mancaznza di strade. A rendere la vita difficile ai pastori e alpeggiatori coi pensano anche i caseifici industriali. Ivan Albini, altro ragazzo presente tra i 'resistenti' a Sondrio viene da Germasino, paese sino all'anno scorso comune e ora fagogitato da Gravedona e Consiglio di Rumo per fare un 'comunone' come piacciono ai tecnocrati. Ivan all'alpe Nesdale (comune di Plesio) produce un ottimo grasso d'alpe con tanto di latte di capra (più Bitto di tanti bitti dop) ma deve confrontarsi con pascoli che hanno sofferto anni di abbandono. È sostenuto dal comune di Plesio che ha sistemato per bene i fabbricati ma ora  deve affrontare a casa, dove in inverno produce il formaggio magro locale (la Semüda),  la concorrenza del nuovo caseificio industriale Alto Lario, una succursale della Latteria di Delebio (la più grande della Valtellina  nonché protagonista e simbolo della Mostra del Bitto di Morbegno, un po' come il Bitto storico è stato protagonista e simbolo di quella di Sondrio).


Tra i resistenti della piazza c'era anche un personaggio piuttosto conosciuto: Desiderio Carraro dell'azienda Pian du Lares di Veddasca (Va). Desiderio è stato uno dei protagonistoi del recupero dei pascoli dell'alta val Veddasca e del rilancio delle produzioni casearie caprine varesotte iniziato con l'insediamento in una frazione abbandonata (Mulini di Piero) nei lontani anni '70. Carraro fa parte anche del gruppo dei 'Sovversivi del gusto' (per non smentirsi). A Sondrio domenica lo sostituiva la giovane figlia Martina. Una circostanza che ci fa capire come i piccoli produttori abbiano bisogno di soluzioni flessibili (la loro presenza non può protrarsi più di due giorni di solito) ma che conferma anche come nel campo della resistenza casearia ci siano parecchi giovani. Giovani erano anche i rappresentanti di alcuni presidi Slow Food quali quello del Mascalplin della val Bregaglia (canton Grigioni) e del Fatulì della val Saviore (Vallecamonica). Sia quelli del Mascalplin che quelli del Macagn (altro presidio Slow Food che 'resiste' contro il Maccagno industriale prodotto in pianura) alla domenica hanno venduto tutto e al lunedì sono partiti. Un altro fatto da tenere presente in queste manifestazioni: i piccoli produttori a volte hanno veramente quantità limitate. Non sono cose che ci raccontiamo per creare l'immagine delle micro-produzioni eroiche, è proprio vero.


Il panorama della piazza era completato dal presidio del grano saraceno (non un formaggio ma un emblema della valtellina rurale che vuole caratterizzarsi anche per la produzione di materie prime 'antiche' sostituite dalla importazione dal mercato globale. Tra i formaggi c'erano anche i principi delle Orobie che oltre ai presidei Slow food del Bitto storico, stracchino all'antica e Agrì di Valtorta comprendono anche il Formai de Mut dop, il Branzi FTB ('Branzi di Branzi' realizzato con latte di montagna e imitato da 'Branzi' prodotti in pianura con latte di varia origine), lo Strachitunt (in attesa di dop, contestata dai caseifici di pianura che vorrebbero che fosse estesa a tutta la provincia di Bergamo).

A Sondrio si consolida l'unione dei formaggi orobici

Nella foto sopra la panoramica dei formaggi bergamaschi presenti a Sondrio in nome della 'unione dei formaggi orobici'

A Sondrio si è presentata la squadra dei 'formaggi principi delle Orobie'. L'uscita ha consolidato una unione che ha già debuttato a Branzi alla Fiera di san Matteo e a Cheese. O Sondrio gli orobici non giocavano poi molto 'fuori casa' perché proprio di fronte a Sondrio si aprono le valli orobiche del Livrio e di Venina che conducono in val Brembana  attraverso passi per i quali una limitata produzione di Bitto (il grosso era concentrato nelle valli più occidentali) perveniva al mercato dei Branzi. In quest'ultima località per ricordare i vecchi fasti della Fiera di San Matteo e delle numerose casere che a settembre si riempivano di Bitto/Branzi (allora formaggi dalle tipologie sovrapponibili) è sorta l'associazione Fiera di San Matteo che è  stata anche la promotrice (con i ribelli del Bitto storico) dell'alleanza casearia orobica. Vere anime dell'associazione sono Francesco Maroni (caseificio di Branzi) e Ferdy Quarteroni. Ferdy, titolare dell'omonimo agriturismo, è il vulcanico ideatore di tante iniziative che rigiuardano gli alpeggi, i ragazzi e ... i quadrupedi. Suoi sono gli asinelli (tutte femmine dolcissime e pazientissime) che si sono fatti amare da centinaia di bimbi che hanno provato l'emozione di percorrere in groppa all'asino le vie e le piazze della manifestazione. Il servizio di asinovia è stato offerto dall'azienda Ferdy stessa.

Gli eventi collaterali

Formaggi in piazza è stata caratterizzata anche da altri eventi che non sono riuscito a documentare con foto ma che vale la pena manzionare: le dimostrazioni degli antichi mestieri dei Buiatei di Buglio, la dimostrazione di produziuone di  birra artigianale - 150 i litri consumati - dei Labadiena, un gruppo di quattro ragazzi valtellinesi che ha deciso di provare a produrre birra fatta in casa. E poi le degustazioni di Bitto storico e di formaggi ovicaprini d'alpeggio organizzate presso le Volte dal Consorzio salvaguardia Bitto storico edall'enoteca Tabernarium (gestita da due giovani in connessione con Le Volte stesse) . La degustazione di formaggi ovicaprini ha interessato i prodotti degli alpeggi citati: alpe Vagliotta (Cn), alpe Pravaren (To), malga Adamè (Bs), alpe Blessagno (Co), alpe Nesdale (Co) ed è stata guidata  per la parte casearia da Marco Imperiali maestro assaggiatore Onaf e da Gabriele de Luca per la parte birraia.


Unico neo la scarsa partecipazione ai convegni di domenica e lunedì in parte riscattata dal miglior successo di quello con Piero Sardo (foto sopra) di martedì (1° novembre) di cui abbiamo riferito a parte (vai all'articolo)

Dal Bitto storico al futuro dell'alimentazione (e dell'umanità): le riflessioni di Piero Sardo

(02.11.11) Ieri sera Piero Sardo, presidente della Fondazione Slow Food per la biodiversità ha concluso con una conferenza  la tre giorni di "Formaggi in piazza". Che guarda già all'edizione 2010

A Sondrio Piero Sardo ha affrontato i grandi temi delle produzioni di piccola scala, nonché di origine e qualità specifica, all'interno del più ampio tema della sostenibilità del consumo alimentare. Partendo dal Bitto storico, emblema del cibo buono pulito e giusto. Lungi dall'alimentare contrapposizioni e polemiche Piero Sardo ha lasciato intendere sin dalle prime battute del suo intervento che l'indicare nel Bitto storico un emblema del cibo buono pulito e giusto non deve essere inteso come una svalutazione o una delegittimazione di altre produzioni. Di seguito la sintesi dell'intervento.
Chi produce l'altro Bitto lo fa nella maggior parte dei casi convinto di sostenere una bandiera della Valtellina, di esprimere attraverso questa produzione la storia e l'dentità del territorio. Ciò a cui si richiamano i produttori storici però è diverso.
Il Bitto storico come altri prodotti è legato ad un'origine e caratteristiche molto specifiche, a un luogo ben definito, molto concreto nella sua originalità. Una generica identità di un ampio territorio e una origine ben specifica e delimitata sono cose diverse, non sovrapponibili. Di fatto, però, le produzioni che provengono da questi luoghi e hanno conservato caratteristiche molto peculiari sono le più
fragili, le più deboli. Si tratta di realtà che hanno mantenute ferme scelta di produzione più difficili, che comportano volumi quantitativamente ridotti di prodotto e, inevitabilmente, richiedono ai fini di una remunerazione accettabile dei prezzi più elevati.


Nei decenni trascorsi pareva obbligata e auspicabile una scelta diversa. Si voleva a tutti I costi raggoiungere una massa critica, necessaria per accedere ai meccanismi della grande distribuzione: "Servono 20 mila forme".  Le produzioni di origine specifica, legate a territori molto circoscritti e con caratteri specifici non possono e non potranno mai raggiungere la "massa critica". Dedicando tutte le attenzioni alla massa critica però si è sacrificato molto, si sono sacrificati i luoghi di origine a favore di territori più ampi e meno svantaggiati. Questo fenomeno è avvenuto in tutto il mondo.  
Le esperienze maturate in molte realtà ci suggersicono però che qualcuna delle produzioni di origine specifica legate a territori corcoscritti può resistere se sussistono tre elementi. Il primo fattore in grado di aiutare la resistenza delle piccoole produzioni è rappresentato dalla capacità del consumatore di riconosce e apprezzare il prodotto quale espressione storica e culturale; se il territorio stesso non lo riconosce non c'è alcuna prospettiva. Vi è poi un'altra condiuzione criciale, un passaggio veramente complicato: l'innesco di meccanismi che inducano il consumatore  a spendere di più per prodotti che in ragione di quanto sopra richiamato sono caratterizzati da bassa produttività e quindi da prezzi più elevati rispetto ai prodotti di massa.


Oggi qualche prodotto di origine riesce a sopravvive perché la situazione cominicia a cambiare. A dimostrazione dell'esistenza di un trend positivo dei comportamenti del consumatore va citato l'aumento dei consumi dei prodotti dell'agricolatura biologica, un aumento che lo scorso anno nonostante la crisi ha toccato il 16%. Indipendentemente dalle valutazioni sulla validità dell'agricooltura bio (che comunqe secondo comporta un minor uso di pesticidi e concimi chimici) lo spostamento dei consumatori verso il biologico, in piena crisi economica, evidenzia un cambiamento psicologico in atto. In precedenza erano solo solo alcuni illlusi, sognatori, che si rivolgevano ai prodotti bio. Oggi la penetrazione del prodotto bio è generalizzatà, indice di una diversa disponibilità a pagare di più per certi prodotti.
Resta il fatto che non è facile educare il consumatore ad acquistare prodotti più costosi che, oltretutto si caratterizzano anche per un gusto caratterizzato, a volte aggressivo. Un indice della diseducazione alimentare è riscontrabile nella tendenza dei consumatori a non rifiutare gli alimenti contenenti olio di palma. Un olio che è quasi interamente costituito da grassi saturi (in misura molto superiore al burro ingiustamente criminalizzato) e responsabile della deforestazione di ampie aree del mondo. Purtroppo si fa poca educazione nutrizionale e ancor meno educazione alimentare.  Di conseguenza i consumatori non si pongono interrogativi quali: "come è possibile produrre tutto l'anno", "come è possibile trovare prodotti come le carni a metà prezzo". Lo stresso mantenimento di elevati consumi di carne, anche a livelli nocivi per la salute conferma che siamo lontanissimi dalla diffusione di una sana educazione alimentare.


Per salvare le piccole produzione il consumatore dovrebbe avere più informazioni ma se l'educazione alimentare (scolastica e non) è carente, ancora di più lo è quella veicolata dall'industria stessa attraverso le etichette dei prodotti.  Le etichette non ci raccontano nulla e per queso la filiera corta  è tanto utile e auspicabile. Chi se non un operatore entro una filiera corta può raccontare come è stato ottenuto un prodotto?  Non certo il banconista del supermercato che non sa spesso indicare quale di due formaggi è quello più stagionato. Invece sarebbe indispensabile per orientare le scelte sapere se il produttore ha usato fermenti industriali, se ha usato la carne congelata, quanto ha stagionato il  formaggio. Latte caglio e sale recitano - per legge - le etichette e niente di più. Ma che caglio si è usato? Animale, microbico, vegetale, transgenico?
Il consumatore ha estremo bisogno di informazioni sul "pulito" (al buono ci arriva da solo: "se non mi piace non lo compro più"). Ma  con la bocca a certe informazioni non ci arrivo Hai usato pesticidi? Bisogna pretendere di più, di avere più informazoni che ci consentano di scegliere.
Vi è però un altro punto cruciale anzi decisivo: gli uomini. L'esempio del Bitto è importante proprio per questo. Qui abbiamo a che fare con personaggi che hanno rifiutato le regole del prodotto industriale. Senza questo atteggiamento di resistenza, un po' cocciuto un po' inspiegabile in una società del consumo che cerca solo di ottenere i soldi in fretta è difficile spiegare perché si resta attaccati ad un lavoro più scomodo, più faticoso, più lente Ora questo lavoro è più remunerato di qualche anno fa ma quella dei produttori del Bitto storico resta una scelta poco moderna determinata da un fattore umano di fedeltà al luogo di origine. Per fortuna ci sono anche altri esempi. Noi di Slow Food li chiamiamo "presidi" ma, per fortuna,  ci sono altre forme di resistenza al di là di Slow Food che rimane comunque una realtà piuttosto piccola.


Grazie allo sforzo dei suoi sostenitori il Bitto storico è ben pagato. Troppo? Va detto che non è obbligatorio comprare cibi costosi ma che prezzi elevati sono indispensabili per remunerare i produttori. Il Bitto, in ogni caso, lo si vende e questo è un passo avanti straordinario rispetto ai formaggi italiani. Il Bitto storico non è un alimento di base, non è un cibo quotidiano. Qualcuno però si chiede: "se tutti dovessero vivere mangiando culatello e Bitto storico mangeremmo tutti?"  Intanto va ricordato che noi, solo in Italia, buttiamo via milioni di tonnellate di cibo nella spazzatura. Il consumo è una macchina mostruosa. Ridando voce alle comunità locali. al cibo locale si possono recuperare molto sprechi. Inoltre non si deve dimenticare che, al di là del cibo che va nella spazzatura è possibile ridurre molto i consumi  oggi eccessivi. Non diciamo comunque che l'industria non deve avere alcuno spazio. Essa, però deve dimostrare di operare con coscienza e rispettando la fertilità, il benessere animale, l'equità sociale. Se consideriamo questi aspetto l'agricoltura industriale non può avere futuro e l'unica alternativa è l'agricoltura a piccola scale.

All'esposizione è seguito un breve ma intenso dibattito alimentato da alcune domande cruciali da parte del pubblico. Le notizie della giornata, relative all'aggraversi della crisi finanziaria aleggiavano su questo dibattito inducendo alcuni a considerazioni pessimistiche. La tentazione a considerare il tema del cibo "buono, pulito e giusto" quale aspirazione utopistica, edonistica ed elitaria traspariva da alcune domande poste a Piero Sardo motivate da sincera preoccupazione ma espressione della non ancora diffusa consapevolazza dei termini fondamentali della sostenibilità alimentare. Le risposte fornite da Piero Sardo hanno consentito di chiarire che l'agricoltura industriale si regge su un tragico inganno: noi paghiamo poco, troppo poco il cibo nella grande distribuzione ma paghiamo poi molto cari gli impatti negativi dei sistemi agricoli e zootecnici che hanno fornito all'industria alimentare le materie prime. Lo paghiamo già direttamente o indirettamente (attraverso la spesa pubblica) per le conseguenze dell'inquinamento delle acque, dell'aria, del terreno. Lo pagheremo sempre più in futuro (noi e le generazioni a venire) attraverso le conseguenze della perdita di fertilità, biodiversità, risorse non rinnovabili (compresa l'acqua). Sardo ha citato a questo proposito l'aforisma dell'economiata Kennet E. Boulding: "chiunque creda che una crescita esponenziale possa continuare per sempre in un mondo finito o è un pazzo o un economista".





Diventa socio della Heritage Bitto spa la società etica di commercializzazione del Bitto storico
A Sondrio durante tutta la manifestazione presso gli stand del Bitto storico al cemntro di Piazza Garibaldi ribattezzata Piazza della resistenza casearia sarà possibile sottoscrivere azioni della Heritage Bitto la spa etica che si occupa della commercializzazione del Bitto storico (Heritage Bitto). Chi desidera farlo può anche effettuare il versamento con bonifico bancario e inviare contestualmente il modulo qui sotto. Entro l'anno sarà formaòlizzato l'aumento di capitale e l'entrata dei nuovi soci
Sotto il modulo (potete fare taglia e incolla) da inviare via email dopo aver effettuato il bonifico a:   info@formaggiobitto.com  
(potete allegare la ricevuta del bonifico, ma non è indispensabile)
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AUMENTO DI CAPITALE A SOSTEGNO DEL BITTO STORICO

VENUTO A CONOSCENZA CHE LA SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA CON SEDE IN  VIA NAZIONALE , 31 23010 GEROLA ALTA (SO) HA DELIBERATO DI VOLER AUMENTARE IL CAPITALE SOCIALE

IL SOTTOSCRITTO…………………………………..................NATO A……………...............…..............
IL…………............ RESIDENTE  IN ……………………....................VIA……………....................……..
C.F…………………..................…  TEL…………….............……EMAIL……...................…………………

A CONOSCENZA CHE L’ATTUALE VALORE DI OGNI AZIONE E’ DI € 150,00
CHIEDE  DI POTER  SOTTOSCRIVERE  N°……….. AZIONI  
PER UN TOTALE DI  € …………….........DICOSI  € ……………..........................................…………

BANCA DI APPOGGIO CREDITO VALTELLINESE AGENZIA MORBEGNO
IBAN    IT50  H 05216  52230  0000  0000  4681

DICITURA PER LA BANCA:   VERSAMENTO PER SOTTOSCRIZIONE N° ……. AZIONI 
SOCIETA’ VALLI DEL BITTO TRADING SPA SEDE GEROLA ALTA 
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info:    info@formaggiobitto.com -  PAOLO CIAPPARELLI 334 332 53 66 (presidente)